Gran parte delle firme storiche del Corriere della Sera hanno scritto articoli che fanno parte della storia di questo giornale e del Paese. Dal numero di «7» in edicola il 26 maggio, vi proponiamo questo pezzo firmato da Fernanda Pivano che apparve sul quotidiano il 25 agosto 2004. Il magazine ha voluto inserirlo nel suo Speciale viaggi di questo numero. Buona lettura
25 AGOSTO 2004
Qui c’è il mare sposato all’orizzonte, appena mosso da un levantino gentile, appena animato da mille, mille, mille gocce che non sono ancora onde; ma ogni goccia diventa principio di pianto o magari soltanto di nostalgia o magari soltanto di riconoscenza davanti ai glaciali annunci delle agenzie americane, New York 7 agosto: «Al via le celebrazioni per i 50 anni della pubblicazione di On The Road», ma sì, di Sulla strada, della folgorazione che ha fatto sognare a milioni di ragazzi in tutto il mondo la libertà.
Ma quei 50 anni si riferiscono ai leggendari 20 giorni dell’aprile 1951 quando Kerouac, più o meno ubriaco, disperatamente infelice, mentre sognava, come sanno i suoi amici: «Che Dio gli mostrasse il Suo volto», a una di quelle macchine da scrivere che non esistono più ha gettato a velocità del suono i suoi pensieri, le sue speranze, i suoi sogni. In quei 20 giorni ha riversato su 35 metri di un rotolo di carta, tutto intero per non perdere tempo a cambiare i fogli, quello che adesso con sfacciataggine quasi insolente la gente del mercato chiama «un’icona della letteratura».
Quest’icona ha dovuto aspettare fino al 1957 per venire pubblicata, dopo essere stata rifiutata da sei editori che non voglio qualificare, uno di questi perfino il cosiddetto editore dei Beat, Lawrence Ferlinghetti. Chissà quando sarebbe uscita se il più grande critico, poeta e scrittore americano degli anni Cinquanta, Malcolm Cowley, non avesse convinto l’editore per cui faceva il consulente a pubblicare questa bomba letteraria (...). Così il libro è uscito e Jack Kerouac, che viveva chiedendo l’elemosina e traducendo testi buddisti dal francese, è andato con Joyce Johnson all’alba a leggere la recensione scritta da Jack Millstein sul New York Times. Joyce gli ha letto la recensione che assicurava al libro la stessa importanza letteraria del primo romanzo di Hemingway. Kerouac non ha detto una parola e a Joyce che gli ha chiesto se non era contento, ha risposto: «Non so. Mi pare che non me ne importi niente». (...) quella sera Kerouac si è addormentato ubriaco e la mattina si è svegliato ubriaco ma invocato da una folla di ragazzi fuori della finestra.
(...) Lo scroll è il manoscritto, fu ereditato da un fratello della vedova, quando anche lei è morta. E lui subito l’ha venduto. Lo ha comperato a un’asta pubblica Jim Irsay, il proprietario di una squadra di football, per 3 milioni di dollari; (...) ha organizzato la più imprevedibile delle onorificenze, lo scroll ingiallito e macchiato delle impronte digitali dell’autore, questo relitto di una morte prima ancora che di una vita, prenderà la strada sognata da Kerouac e girerà per tutta l’America (...) gli eredi lo hanno venduto all’asta per pagare non si sa quali debiti di Kerouac, che aveva vissuto gli ultimi anni chiuso in una stanza buia su una sedia a dondolo, circondato di bottiglie più vuote che piene.
(...) Per ora sappiamo della tournée per le città, (...) andrà nel 2004 da Orlando ad Atlanta in Georgia e poi a Roma (21 dicembre-7 gennaio), proseguirà per Iowa City, poi Las Vegas in Nevada, Washington, S. Francisco, Indianapolis, Chicago e Denver nel Colorado, Santa Fe in New Mexico, poi New York e Austin in Texas. E poi? Poi speriamo che Dio ci mostri il Suo volto.
LA BIOGRAFIA
Fernanda Pivano nacque a Genova nel 1917, in una famiglia altoborghese. Morì a Milano nel 2009 a 92 anni. Traduttrice, scrittrice e critica musicale, nel 1929 con il fratello maggiore Franco e i genitori si trasferì a Torino dove frequentò il liceo classico d’Azeglio, quello di Agnelli e Bobbio. Per due anni fu compagna di studi di Primo Levi. Tradusse tra gli altri Hemingway, Whitman, Masters e fu amica di Fabrizio de André. Sul Corriere scrisse dal 1978 fino a pochi giorni prima di morire.
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